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La Tecnica Cranio-Sacrale

 

La pratica consiste nell’appoggiare delicatamente le mani sul corpo della persona che riceve il trattamento, esse iniziano a “fondersi” con quello, a muoversi in accordo al variare dei flussi vitali e a trasmettere al cervello, attraverso i propriocettori, le informazioni. L’operatore, attraverso le mani e utilizzando tecniche specifiche, si pone nell’ascolto profondo di quello che succede nel corpo del cliente, affiancandolo nel rilascio di quelle che vengono chiamate restrizioni, resistenze che si presentano all’interno del ritmo; in questo modo s’incoraggia una rivitalizzazione dei tessuti e una riattivazione delle risorse intrinseche e di riadattamento proprie dell'organismo; il suo stesso corpo dirige il ritmo del lavoro. L’operatore assiste a questo processo e, in una condizione di ascolto neutro, facilita e accompagna il processo di rilascio garantendo un costante clima di sicurezza e fiducia. Durante il trattamento cranio-sacrale il ricevente rimane vestito e comodamente sdraiato su un lettino.

 

Per aiutare a rendere sempre meno invasivo il tocco e, contemporaneamente, profonda la fusione con la realtà del ricevente, si dice che in qualsiasi delle tecniche di riequilibrio cranio-sacrale la pressione delle mani sul corpo della persona trattata debba essere di pochi grammi, poi il segreto è non avere fretta, non cercare di trarre conclusioni.

Conoscere una tecnica non è impresa difficile: basta un pò di attenzione, studio e pratica; essere un buon Operatore richiede un'intera esistenza di lavoro e tanto, tanto rispetto per se stessi, per gli altri e per la vita.

 

Il sistema cranio-sacrale è caratterizzato da un’attività ritmica che dura per tutta la vita; è totalmente diverso dai movimenti fisiologici dovuti dall’attività cardiovascolare e respiratoria e lavora in accordo con la produzione e lo svuotamento del liquido encefalo rachidiano.

Durante la produzione di liquor il sistema va in flessione: il corpo umano si allarga abbassandosi, ruota rispetto all'asse verticale mediano verso l'esterno; il cranio, visto dall'alto, si allarga trasversalmente e accorcia nella direzione antero-posteriore; il sacro ruota attorno ad un asse ideale posto circa 2,5 cm sotto S2. Il suo apice si muove ventralmente, la sua base dorsalmente.

Durante lo svuotamento del liquor accade il contrario e il corpo va in estensione: esso si allunga e va in rotazione interna. Il cranio, visto dall'alto, si restringe lungo la direttrice trasversale e si allunga lungo l'asse antero-posteriore; l'apice del sacro si muove dorsalmente, la sua base ventralmente.

Tra flessione ed estensione vi è una fase neutra, una pausa che si verifica dopo il ritorno dal limite massimo di una fase e prima che le forze fisiologiche passino alla fase opposta del movimento.

Il ritmo cranio-sacrale compie, in una persona sana e adulta dai sei ai dodici cicli al minuto, nei bambini in media dagli otto ai dieci cicli; in presenza di patologie la frequenza è inferiore ai sei o superiore al dodici cicli al minuto.

Nell’ascolto e nella valutazione del ritmo cranio-sacrale, si devono considerare sempre i seguenti importanti quattro aspetti: la simmetria, la qualità, l’ampiezza e la frequenza (S.Q.A.F.).

 

 

 

Cenni Storici

Negli gli anni Trenta, William Gardner Sutherland osteopata e allievo di Andrew Taylor Still, medico americano ideatore dell’Osteopatia, pose le basi di quello che ora chiamiamo sistema cranio-sacrale.

Ancora studente di osteopatia, il suo interesse e attenzione andò all’osservazione di un cranio disarticolato e, in particolare, alle suture craniche dell’osso temporale. Queste suture, secondo le sue intuizioni, potevano ricordare le branchie di un pesce e, come tali, potevano essere mobili e rappresentare un meccanismo respiratorio.

La sua intuizione iniziale si scontrò con i libri di anatomia e fisiologia dell’epoca (ma lo è ancora), dove veniva riportato che le suture craniche si ossificano nell’adulto e vanno a formare un cranio immobile e statico.

In seguito a questa prima intuizione mise in atto una serie di sperimentazioni e studi che lo tennero impegnato negli anni successivi dove giunse alla conclusione che, le ossa craniche, facevano parte di un sistema che manifestava dei movimenti sottili e ritmici indipendenti da altri ritmi corporei come il ritmo respiratorio e cardiaco.

Approfondendo lo studio e l’ascolto in questa direzione, negli anni successivi arrivò a ricondurre l’origine di questo movimento a diverse componenti come la motilità del cervello, del sistema membranoso intracranico, fluttuazioni del liquido encefalo rachidiano, mobilità delle ossa craniche.

Per oltre vent’anni W.G. Sutherland studiò, attraverso le sue “dita”, i delicati movimenti ritmici dei suoi pazienti ed elaborò nel tempo diverse tecniche corporee di intervento su questo sistema, fino a rendere pubblici i suoi risultati. L’osteopatia craniale o cranio-sacrale si stava definendo.

Nel 1939 pubblicò il libro The Cranial Bowl in cui illustrò le basi dei suoi studi e i presupposti dell’osteopatia cranica. Le reazioni d’incomprensione, opposizione e scherno non si fecero attendere e dovette aspettare ancora qualche anno  prima di osservare un’apertura nei confronti dei suoi studi; questo grazie ad altri osteopati come Harold Ives Magoun, Viola Frymann, Rollin E. Becker, Thomas Schooley e Denis Brookes.

Da quel momento, diffondendosi il concetto craniale, una grande quantità di pubblicazioni e ricerche in questa branca ha fatto emergere un numero crescente di osteopati che hanno portato avanti le scoperte di W. G. Sutherland.

In seguito, un altro osteopata americano, John Upledger, nel 1976, propose un nuovo modello, che definì “pressostatico”, che diede delle basi “scientifiche” al sistema, arrivando poi alla sperimentazione di vari modelli, come ad esempio le “cisti energetiche, “unwinding” e SER (Somato-Emotional Release).

I lavori di Sutherland, da vero e autentico ricercatore, continuarono per tutta la sua vita; negli ultimi anni diresse il suo interesse verso la percezione al movimento dei tessuti neuronali, la circolazione fluida del liquor e dello sviluppo embriologico e a definire la “Potenza” come energia vitale che può guarire l’organismo al suo interno, forza di autoregolazione del corpo attraverso i meccanismi omeostatici dello stesso.

Le sue scoperte erano trascendenti e non sono state portate avanti da quelle scuole più “meccanicistiche”.

Dalla morte di Sutherland la diffusione, la divulgazione e la ricerca dei suoi ultimi studi, sul “modello fluido”, sono stati portati avanti da osteopati come R. Becker e J. Jealous e Franklyn Sills.

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